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Amministratore di società: deve pagare contributi doppi?

Come è noto, il socio di una società a responsabilità limitata, che svolge per la società attività di lavoro autonomo, quale collaboratore coordinato e continuativo, è soggetto a doppia contribuzione: presso la Gestione Separata per i compensi di lavoro autonomo, nonché presso la Gestione Commercianti per il reddito di impresa.
Limitatamente all’iscrizione alla Gestione commercianti, la Legge n. 662/1996, all’art. 1, commi 202 e 203, stabilisce le particolari condizioni – oggettive e soggettive – che concorrono al perfezionamento del peculiare obbligo contributivo.
Per quanto attiene alle condizioni oggettive, il comma 202 della Legge citata rimanda alla Legge n. 88/1989, art. 49, comma 1, lettera d), che espressamente fa rientrare nel settore terziario – ai fini della classificazione dei datori di lavoro per ragioni previdenziali ed assicurative – le seguenti attività: commerciali; di produzione, intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari; professionali ed artistiche nonché attività ausiliarie.
Quanto alle condizioni soggettive, è espressamente previsto che l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla Legge 22 luglio 1966, n. 613 e ss.mm.ii. sussiste per i soci di società a responsabilità limitata che siano in possesso dei seguenti requisiti: “a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia (...); c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza (…)” (art. 1, comma 203).
Pertanto, perché si perfezioni l’obbligo contributivo dei soci di S.r.l. alla Gestione commercianti è necessario che si sia in presenza di società organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro dei soci e dei propri familiari, nonché che gli stessi soci partecipino al lavoro aziendale – per la realizzazione dell’oggetto sociale dell’impresa – con carattere di abitualità e prevalenza, a prescindere dal numero dei soci e dei dipendenti occupati. Tali requisiti devono sussistere congiuntamente, come stabilito nella sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 3240/2010.
A tale proposito, la giurisprudenza ha affermato non essere sufficiente l’esercizio di un’attività di natura amministrativa o sporadica, essendo invece necessaria una partecipazione rilevante - in termini di tempo e reddito – all’attività operativa aziendale.
Tale attività deve essere considerata in senso relativo e soggettivo, ossia avuto riguardo alle mansioni espletate dal soggetto in seno all’attività aziendale costituente l’oggetto sociale della S.r.l. (al netto dell’attività esercitata in quanto amministratore); e non già in senso comparativo, con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa (in questo senso, Cass. n. 5690/2017; Cass. n. 4440/2017).
Per partecipazione personale al lavoro deve intendersi non soltanto l’espletamento di un’attività esecutiva o materiale, ma anche di un’attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, posto che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa (in questo senso, Cass., n. 5360/2012).
Con la recente Ordinanza n. 18819 del 28.07.2017 la Cassazione - nel confermare l’orientamento prevalente in tema di doppia iscrizione del socio di una S.r.l. alla Gestione commercianti e alla Gestione separata – ha nuovamente affermato che ai fini dell’obbligo della doppia iscrizione è però necessario un quid pluris, e cioè che il socio partecipi personalmente al lavoro aziendale con una attività operativa nell’ambito di attività oggetto dell’impresa e che la prestazione abbia carattere di abitualità e preponderanza rispetto agli altri fattori produttivi.
Nel caso di specie, la doppia iscrizione del contribuente veniva legittimata dalla Suprema Corte dal fatto che l’attività commerciale veniva svolta senza dipendenti o collaboratori: da ciò inferiva in via presuntiva la sussistenza dei necessari requisiti dell’abitualità e prevalenza dell’apporto offerto dalla ricorrente nell’impresa.
Con l’ulteriore recentissima ordinanza n. 22990 del 02.10.2017 la Cassazione ha per l’ennesima volta sottolineato che tale iscrizione sarebbe obbligatoria solo nel caso in cui il soggetto prestasse l’attività in via continuativa e con carattere di prevalenza, mentre non sarebbe dovuta se l’attività fosse sporadica o di mera amministrazione.
Ed ha altresì sottolineato che i requisiti oggettivi e soggettivi de quibus (partecipazione al lavoro aziendale con i caratteri della personalità e dell’abitualità) devono essere provati dall’INPS, non potendosi sostenere alcuna inversione dell’onere della prova a carico del povero contribuente.
Verifica della presenza di tali requisiti che deve essere svolta in modo puntuale e rigoroso, non dovendosi limitare a riscontri meramente documentali, bensì dovendo estendersi ad accertamenti da effettuarsi anche in loco (accertando, ad esempio, la presenza di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni). 
Si rende peraltro necessaria un’ulteriore precisazione: la Legge n. 662/1996, prevede che qualora tali soggetti “esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente” (art. 1, comma 208, Legge n. 662/1996).
Perché possa trovare applicazione il comma 208, è necessario che il soggetto interessato svolga, oltre all’attività del settore commerciale, anche un’altra attività di lavoro autonomo che esuli, sotto il profilo assicurativo, dal settore commercio.
Tale attività, diversa sotto il profilo assicurativo, può essere svolta anche in un’unica impresa e quindi nella stessa in cui viene svolta l’attività per la quale è previsto l’obbligo di iscrizione alla Gestione commercianti.
In questo caso l’iscrizione dev’essere effettuata ad una sola Gestione, in base all’attività che risulta prevalente: non sono compatibili distinte iscrizioni per ogni attività.
Alla luce di un tanto, occorrerebbe verificare il rapporto che si viene a creare tra l’iscrizione alla Gestione commercianti e l’iscrizione alla Gestione separata ex art. 2 comma 26 legge n. 335/1995 e cioè se in presenza di iscrizione alla Gestione separata trovi sempre applicazione il comma 208 dell’art. 1 legge n. 662/1996.
L’INPS, in sede di interpretazione ed applicazione di tale norma, ha ritenuto che per attività autonome, soggette a comparazione in termini di prevalenza, devono intendersi solo quelle che abbiano natura imprenditoriale, ossia definibili ai sensi dell’art. 2195 c.c. come attività economiche organizzate ed esercitate professionalmente dall’imprenditore, al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi e soggette a registrazione (vedi anche Circolare 78 del 2013).
Di conseguenza, l’applicazione del criterio della prevalenza è sempre stata esclusa in  ordine a quelle attività svolte in forma non imprenditoriale e che rientrano nell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui alla Legge n. 335/1995.
In tale contesto, il Legislatore è intervenuto sul punto con D.L. n. 78/2010, convertito in Legge n. 122/2010, introducendo una norma di interpretazione autentica relativa al citato art. 208. In esso si dispone che “L’art. 1, comma 208 della Legge n. 23 dicembre 1996, n. 662 si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma di impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, Legge n. 662/1996 i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui al’art. 2, comma 26, Legge 16 agosto 1995, n. 335”.
La successiva giurisprudenza ha uniformemente applicato tale disposizione, ribadendo che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione alla Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività d’impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sé comporti l’obbligo di iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS e non fa scattare il criterio dell’attività prevalente (Cass., sentenze n. 17076 e 17074 del 2011).
Infatti, “la regola per cui si deve iscrivere presso l’unica gestione ove si svolge l’attività prevalente è rimasta in vigore, ma riguarda solo gli iscritti alla gestione INPS dei lavoratori autonomi ossia artigiani, commercianti e coltivatori diretti: ad es. i commercianti che svolgano anche attività di artigiano, o i coltivatori diretti che vendano i prodotti della coltivazione, ecc.” (Cass., sentenza n. 3839 del 2012).
Nell’ipotesi in cui un soggetto eserciti contemporaneamente una qualsiasi attività autonoma che comporti obbligo di iscrizione alla Gestione separata ed un’attività imprenditoriale compresa tra quelle iscrivibili alla Gestione commercianti, ai fini di tale ultima iscrizione non è richiesta la verifica del requisito della prevalenza, bensì degli elementi della abitualità e della professionalità della prestazione lavorativa, nonché degli altri requisiti eventualmente previsti dalle rispettive discipline normative di settore.
In particolare, dall’istruttoria devono emergere elementi probatori in ordine alla personalità della prestazione lavorativa ed all’abitualità dell’apporto conferito, da valutarsi in base al tipo di attività ed all’impegno che essa richiede. E’ considerato, in particolare, socio lavoratore colui che svolge un’attività rivolta alla concreta realizzazione dello scopo sociale, al suo effettivo raggiungimento attraverso il concorso della collaborazione prestata a favore della società dai collaboratori della stessa.
Evidenzia peraltro la circolare INPS n. 78 del 2013 che:
La prova circa la partecipazione al lavoro aziendale con i caratteri della personalità e dell’abitualità spetta all’Istituto di previdenza. Si segnala che la giurisprudenza è particolarmente attenta ai profili probatori e richiede che la verifica della presenza dei requisiti di legge ed, in particolare, dell’abitualità della prestazione, sia effettuata in modo puntuale e rigoroso. Pertanto, si ritiene indispensabile che l’onere probatorio venga compiutamente assolto ed, a tal fine, che l’attività di verifica dei requisiti non si limiti a riscontri meramente documentali, bensì si estenda, ove necessario, ad accertamenti da effettuarsi in loco.
Indubbiamente la presenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni sono elementi che possono avere rilevanza al fine della valutazione: di recente la suprema Corte ha confermato di ritenere compiuta la prova dell’esercizio dell’attività da parte del socio in presenza della semplice domanda di iscrizione e dell’assenza di lavoratori ad eccezione dell’altro socio (Cass. Sez. lav., 11685/12).
A tal proposito, è da tener presente che per partecipazione personale al lavoro aziendale deve intendersi non soltanto l’espletamento di un’attività esecutiva o materiale, ma anche di un’attività organizzativa e direttiva, di natura intellettuale, posto che anche con tale attività il socio offre il proprio personale apporto all’attività di impresa, ingerendosi direttamente ed in modo rilevante nel ciclo produttivo della stessa” (Cass. sez. lav., 5360/12).
Le istruzioni che precedono saranno utilizzate anche in sede di istruttoria dei ricorsi amministrativi, nella duplice ottica di esercitare i diritti di imposizione contributiva confermati dal legislatore e, nel contempo, di non aggravare il contenzioso giudiziario con provvedimenti non supportati da idoneo corredo probatorio”.