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Il minore è penalmente punibile?

Solo nel 1700 sulla base della considerazione illuministica e positivistica che il minore non ha ancora raggiunto un grado di sviluppo fisico e psichico tale da poter comprendere il valore etico-sociale delle proprie azioni, viene posto il problema della punibilità-imputabilità del minore dal punto di vista penale.
Il nostro codice annovera la minore età tra le cause di esclusione dell'imputabilità (prima il minore delinquente era considerato come un “soggetto moralmente traviato” e lo si sottoponeva a pene crudeli e arbitrarie, comuni agli altri delinquenti).

L’art. 85 Codice Penale (Codice Rocco del 1930) Stabilisce: “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi, ha la capacità di intendere e di volere”.
L’inimputabilità è riconducibile: al vizio di mente totale o parziale (per infermità), allo stato di ubriachezza o sottoposizione a sostanze stupefacenti derivata da caso fortuito o forza maggiore (se è preordinata o colposa o volontaria non esclude né diminuisce la imputabilità, se è abituale aggravante), sordomutismo o alla minore età.
Quanto alla minore età il Codice distingue::
- fino a 14 anni il minore non è mai imputabile, perché nei suoi confronti è prevista una presunzione assoluta di incapacità, senza cioè prova contraria. L'art. 97 stabilisce, infatti, che «non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni»;
- fra i 14 e i 18 anni il minore è imputabile solo se il giudice ha accertato che al momento del fatto aveva la capacità di intendere e di volere.

Si subordina l'eventuale affermazione della responsabilità penale al concreto accertamento della capacità naturale: art. 98 cp «è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto quattordici anni, ma non ancora diciotto, se aveva la capacità di intendere e di volere”, intesa come capacità di comprendere la portata della sua azione e di averla consapevolmente voluta.
In altre parole, se il bullo è un minore di 14 anni l’ordinamento non prevede che sia a lui mai imputabile nessun tipo di reato, non potrà mai essere penalmente sanzionato ed andrà emessa sentenza di Non Luogo a Procedere (anche se possono essere sono previste specifiche misure di sicurezza: riformatorio giudiziario, art. 223 C.p. (ormai con collocamento in comunità), libertà vigilata con prescrizioni art. 228 cp, divieto di soggiorno in uno o più comuni art. 233 cp, divieto di frequentare osterie o spacci art. 234, espulsione o allontanamento dello stranieri art 235 cp.
Per quanto attiene invece attiene il minore infradiciottenne sarà il giudice a valutare caso per caso la capacità dello stesso.
In ogni caso il legislatore ha adottato delle norme processuali volte ad evitare gli effetti stigmatizzanti derivanti dal contatto del minore imputato con la giustizia penale e a trasformare il processo in un'occasione per mettere in atto delle misure educative nei suoi confronti da un lato con la legge del 1934 istitutiva del TM e dall’altro con la legge DPR 448/1988 sul processo penale minorile.

È, quindi, un Tribunale speciale, il Tribunale dei minorenni, che giudica la responsabilità degli infradiciottenni, sulla base di norme processuali appositamente create per gli stessi. Queste fondano un sistema che tende ad una funzione pedagogica per riprendere l’iter educativo del minore (per questo, tra l’altro, tutti gli operatori del procedimento penale minorile devono essere specializzati e il Collegio è formato da un togato e due esperti in psicologia o pedagogia).
C’è sezione minori alla Polizia Giudiziaria (in Questura) nella fase delle indagini, sezione minorile in Procura della Repubblica per la formulazione della pubbica accusa, Tribunale Minorenni (GIP-GUP e dibattimentale) per la fase giudiziale e sezione minori al Magistrato di Sorveglianza (il minore è sempre trattato diversamente) nella fase dell’esecuzione delle pene.