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Il minore va ascoltato dal Giudice nei procedimenti di famiglia

Il nuovo rito di famiglia secondo la Riforma Cartabia impone che debbano essere ascoltati i minori che hanno compiuto i 12 anni o anche più piccoli, se ritenuti capaci di discernimento, nei procedimenti che riguardano:
 
  1. l’affidamento o la collocazione e la suddivisione dei tempi da trascorrere in favore di un genitore separato o divorziato o che cessa la convivenza;
  2. la dichiarazione dello stato di adottabilità;
  3. quando nei procedimenti di famiglia vi sia il rifiuto di incontrare uno o l’altro genitore.

L’ascolto viene disposto per garantire anche ai minorenni il diritto fondamentale ad essere informati e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che li riguardano.
I minori infatti anche se non possono considerarsi parti vere e proprie del procedimento, sono però parti in senso sostanziale cioè sono coloro su cui i provvedimenti del Giudice hanno effetto.
Poiché il minore deve essere informato, il Giudice deve spiegare il perché viene ascoltato e dovrà utilizzare un linguaggio semplice, chiaro, comprensibile, accertandosi che il bambino abbia effettivamente capito.
Ora quindi le nuove norme stabiliscono che l’ascolto è obbligatorio in tutti i procedimenti salvo che ciò sia pregiudizievole per il minore stesso o sia del tutto inutile.
Il mancato ascolto determina la nullità della sentenza.
L’audizione del minore deve essere svolta direttamente dal Giudice senza deleghe ad altri soggetti, neanche ai giudici onorari, facendosi assistere da esperti.
Le modalità dell’ascolto devono essere tali da assicurare la serenità e riservatezza del minore (il Giudice farà domande con estrema sensibilità, non si tratta di un interrogatorio ma di un colloquio, dove i genitori generalmente non sono presenti così da consentire ai bambini di esprimersi liberamente). I genitori, i difensori e il curatore speciale possono assistere all’audizione solo previa autorizzazione del giudice.
Esistono due tipi di audizione del minore:
 
  • l’ascolto diretto, ossia, quello svolto dal giudice;
  • l’ascolto assistito, ossia quello in cui l’audizione avviene con l’assistenza di un esperto in psicologia o psichiatria infantile.
 
Il giudice deve procedere in ogni caso alla video registrazione della sua audizione e, laddove non sia possibile procedere con questa modalità, va redatto apposito verbale che deve descrivere dettagliatamente il contegno del minore (se aveva disagio, paura, tristezza, comportamenti violenti, rancorosi ecc.).
Le opinioni espresse dal figlio minore devono essere tenute in considerazione dal Giudice che dovrà capire, anche in relazione all’età dei bambini, se sono state date risposte sincere e genuine, oppure se il bambino è stato condizionato o impaurito da uno dei genitori.
L’ascolto dei figli non può però essere fatto dal Giudice se è pregiudizievole per i minori, tenuto conto delle condizioni psichiche o fisiche degli stessi o appare del tutto privo di utilità (non si può ascoltare il minore quando è troppo piccolo) o se il minore rifiuta di essere ascoltato, dovendo essere rispettata la volontà dei figli a non essere coinvolti nella vicenda giudiziaria.
Inoltre, se i genitori si accordano sull’affidamento dei figli, il Giudice procede all’ascolto solo se necessario: quindi, in una separazione consensuale o in un divorzio congiunto (consensuale), dove i genitori sono d’accordo sull’affidamento, sulla collocazione, sui tempi di permanenza, i figli generalmente non vengono ascoltati. Allo stesso modo, se durante una causa di separazione o di divorzio i genitori trovano un accordo, i figli non vengono ascoltati.

La Riforma si applica ai procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, mentre quelli pendenti continueranno ad essere disciplinati dalla normativa anteriormente vigente.